Marco CalovoloNel mondo reale, non esistono due auto da corsa che siano identiche come comportamento in pista. Anche se costruite esattamente con le stesse specifiche, dalle stesse persone. Provate dallo stesso pilota, una dopo l’altra, ambedue con gomme nuove per minimizzare le variabili tra l’una e l’altra, bene, molto probabilmente una risulterà leggermente più reattiva dell’altra, mentre la seconda avrà un cambio un po’ più morbido nell’azionamento, e così via. Se poi aggiungete la variabile pilota, ecco che le differenze iniziano a farsi più evidenti.

Non parliamo poi se il contesto è quello del weekend di gara: impossibile trovare soluzioni univoche per le due vetture.
Ecco allora l’importanza della simulazione per poter creare e lavorare su un modello virtuale, asettico, non contaminato dalle incognite che, come dicevamo, appartengono a questo mondo reale.

Semplificando molto, per costruire il modello possiamo considerare due blocchi distinti e complementari.
Il primo rappresenta la fisica del veicolo, vale a dire la somma di informazioni (come geometria sospensioni, posizione baricentro, etc.) che devono essere fornite al programma di simulazione per predire, e quindi riprodurre con il simulatore di guida, quali saranno le reazioni della vettura.
Il secondo blocco riguarda il corpo della vettura, le sue forme e, quindi, la sua valenza aerodinamica. Le moderne tecniche di progettazione, ormai consolidate ed omologate, a meno di differenze marginali, prevedono l’uso intensivo e capillare del 3D. La convenienza di questo sistema é evidente, perché i tutti i componenti possono essere trattati sia singolarmente che come gruppi.
Il corpo vettura risulta completamente definito e quindi esportabile in altri programmi, ad esempio di simulazione aerodinamica CFD. A volte capita, anche se sempre più raramente, di dover lavorare su vetture delle quali non è disponibile il modello 3D.
Per creare il modello virtuale esistono sostanzialmente due opzioni:

  • uno scanning puntuale della superficie esterna della vettura (in genere si rileva una metà e si assume la seconda come simmetrica alla prima)
  • oppure, se non si dispone di altro, il metodo più semplice per consiste nel partire dal disegno della vettura (file “blue print ” vettoriali) visto da quattro angolazioni (frontale, superiore, laterale e posteriore) utilizzate come immagini di riferimento durante il processo di modellazione, di fatto eseguito quasi manualmente

Molte quote devono essere poi verificate direttamente sulla vettura reale. In sostanza si genera il modello tracciando forme 2D in uno spazio 3D e va da se che il tutto presuppone grande competenza, e infinita pazienza, da parte del designer. Gli attuali processi di design consentono, però, di disegnare la forma 3D direttamente nello spazio 3D con una estrema precisione del modello, che può considerare anche i componenti meccanici interni al corpo vettura, permettendo di ottenere simulazioni di grande precisione in particolare nel campo aerodinamico.